Gli aristocratici fecero a gara nel costruire tombe sempre più grandi e maestose:
era un modo di mostrare a tutti la ricchezza e l’importanza della propria famiglia
(la Gens).
Una delle più note è il Mausoleo di Cecilia Metella, che
si è ben conservato perché in epoca medievale fu trasformato in torre difensiva
dai Caetani.
Fin dal tempo degli Etruschi le famiglie aristocratiche
avevano costruito grandi tombe a tumulo per ricordare i propri antenati. Per
distinguersi dalla gente comune, si proclamavano discendenti di un personaggio importante,
che dava loro i «quarti di nobiltà» e spesso veniva collegato ai miti di eroi greci
come Eracle. Una forma di legittimazione semi-divina del potere che fu mantenuta
dai romani.
Nel 309 d.C. morì Romolo Valerio, figlio dell’imperatore Massenzio,
a soli quindici anni e in circostanze misteriose. Venne subito divinizzato e il
padre gli dedicò un Tempio nel Foro romano (l’attuale chiesa dei santi Cosma e Damiano).
Nel 310 d.C. l’imperatore decise di costruire per lui un grandioso Mausoleo
proprio lungo la via Appia, poco lontano da quello di Cecilia Metella.
Accanto al Mausoleo, Massenzio fece un grande Circo dove si svolgevano giochi
funebri in onore del figlio. A quell’epoca il Calendario romano prevedeva ben
sessantacinque giorni dedicati a diversi Ludi Circensi, ai quali l’imperatore assisteva
da un palco a lui riservato, detto Pulvinar Imperiale, che è ancora visibile su
un lato del circo stesso.
Vicino
ai Carceres del circo – le strutture dalle quali partivano le quadrighe delle corse
– l’imperatore realizzò un imponente recinto quadrato, con mura alte undici metri.
Delimitava l’area sacra (il temenos) che circondava il Mausoleo, separandola dallo
spazio profano.
Stessa cosa avveniva nel Mausoleo di Adriano, che era
circondato da un recinto quadrato con una cancellata che lo separava da tutto
il resto e in generale in tutti i sepolcri di una certa importanza.
L'ingresso
principale del recinto si apriva sulla via Appia e da lì si raggiungeva il Mausoleo,
con una gradinata che saliva al pronao con colonne, che è stato trasformato nell’attuale
Casale Torlonia. Una porta interna dava accesso al sepolcro vero e proprio, di forma
circolare (diametro di 33 metri circa) che ha un corridoio anulare le cui volte
a botte poggiano su un grande pilastro centrale.
Gli infiniti rimaneggiamenti
e la depredazione di tutti i materiali antichi rendono difficile una ricostruzione
certa; qualche studioso addirittura ha pensato che l’edificio imitasse il Pantheon
e sopra al sepolcro circolare vi fosse un secondo piano con cupola come quella
del Pantheon, cosa piuttosto improbabile.
Nelle pareti del sepolcro vi
sono otto nicchie alternativamente rettangolari e semicircolari. Sei di esse
hanno finestre ‘a bocca di lupo’ che si aprono verso l’esterno mentre le altre due
hanno delle porte allineate lungo l’asse longitudinale dell'edificio: una orientata
a sud-ovest, verso il pronao-Casale perfettamente in asse con la porta principale
della facciata; l’altra su lato opposto orientata a nord-est.
Nel 2020
siamo stati contattati dal professor Roberto Brunelli di Roma, perché il 26 dicembre
del 2019 aveva visitato il Mausoleo di Romolo, scattando una fotografia del Sole
che tramontava in asse con la porta principale dell’edificio. Ci chiese se potesse
esservi una connessione col Solstizio invernale ed in particolare col Sol Invictus,
aggiungendo che aveva dato alla fotografia un significato diverso grazie ai nostri
studi di archeoastronomia visti su Internet.
Secondo i calcoli dell’archeoastronomo
Giuseppe Veneziano, la porta della facciata principale (a sud-ovest) è orientata
a 228°23', in modo da farla coincidere con l’azimut del Sole al tramonto nei giorni
del Solstizio invernale (21 dicembre), tenendo in considerazione l’orizzonte locale,
cioè l’altezza del muro di cinta che fa tramontare il Sole un po’ prima e con un
azimut diverso. Questo conferma l’ipotesi iniziale di una illuminazione o ierofania
calcolata appositamente.
La data in cui si verifica l’illuminazione aveva
un importante significato simbolico: nei giorni del Solstizio invernale (21 dicembre),
com’è noto, si celebravano i Saturnalia, riti di passaggio fra l’anno vecchio e
quello nuovo. A partire dal III sec. d.C. ai Saturnalia si affiancò il Dies Natalis
Solis Invictus, una nuova festa che ricordava la nascita di quella divinità solare
il 25 dicembre.
Quel culto d’origine orientale era stato importato
a Roma per la prima volta dall’imperatore Elagabalo (o Eliogabalo) nel 218 d.C.,
e abbandonato alla sua morte nel 222. Fu reintrodotto da Aureliano nel 274
d.C. che ne fece il culto di Stato ufficiale.
Anche l’imperatore Diocleziano si identificò col Sol Invictus
e si proclamò divino già in vita – dominus et deus. Nel Vestibolo del suo Palazzo
di Spalato (Split, Croazia) abbiamo scoperto illuminazioni che si verificavano
proprio nei giorni del Solstizio estivo e invernale ed erano una manifestazione
della divinità dell’imperatore.
Anche Massenzio aveva buone ragioni
per legarsi al culto del Sol Invictus. La sua vicenda si inquadra nella turbolenta
epoca della successione di Diocleziano e Massimiano, i due Augusti della Tetrarchia
che abdicarono nel 305 d.C.
Come previsto vennero sostituiti dai due Cesari, Galerio
e Costanzo Cloro, ma alla morte di quest’ultimo iniziarono i problemi. L’esercito
della Gallia e Britannia proclamò Augusto Costantino (figlio illegittimo di
Costanzo Cloro, che non aveva alcun diritto al potere), mentre in Italia i pretoriani
proclamarono Augusto Massenzio, figlio legittimo di Massimiano, il 28 ottobre
del 306.
Per sistemare le cose in via diplomatica la sorella
di Massenzio sposò Costantino nel 307; il 21 aprile del 308 d.C. data non
casuale perché era il Dies natalis di Roma, Massenzio si proclamò Augusto legittimo,
ma non venne mai riconosciuto dal Senato.
Per legittimare la successione e quindi il suo
potere, si creò una ascendenza divina «alla rovescia», divinizzando il figlio
morto. La ierofania che avviene nel Mausoleo di Romolo nei giorni del Solstizio
invernale e del Sol Invictus era un segnale sacro della divinizzazione e dava
a Massenzio una legittimazione divina del proprio potere, scavalcando quella
che il Senato non gli aveva voluto dare.

La ierofania si inserisce in una tradizione più antica, perché ha un precedente illustre nel Mausoleo di Adriano, che era raffigurato come
Sol Invictus alla guida della Quadriga del Sole. Nella Sala sepolcrale
durante il Solstizio estivo si edomo ancor oggi delle illuminazioni, da noi
scoperte e pubblicate nel libro «Castel Sant’Angelo. Mausoleo di Adriano. Architettura
e Luce».
È probabile che il Mausoleo di Romolo sia stato pensato
come nuovo Mausoleo dinastico imperiale, dato che il Mausoleo di Adriano
(Castel Sant’Angelo) aveva quasi duecento anni e forse non vi era più posto
per altre sepolture. Il regno di Massenzio comunque durò pochissimo, fino
al 312 d.C., quando fu sconfitto da Costantino nella famosa battaglia di Ponte
Milvio o Saxa Rubra, alle porte di Roma.